Come scegliere un diluente

Come scegliere un diluente

Informazioni  tratte da “Professione Verniciatore del legno” www.woodfinishing.it e da Metal Cleaning & Finishing www.verniciatore.it

Vista l’importanza della qualità dei diluenti, sintetizziamo le caratteristiche principali di un buon diluente poliuretanico, che è bene farsi garantire “nero su bianco” dai fornitori:
· non deve contenere più dello 0,05 % di acqua
· non deve contenere composti ossidrilati (alcooli primari, glicoli o glicoleteri) oltre l’1%
· deve rispondere a precise esigenze tecniche attinenti il suo specifico impiego
· deve rispondere alle norme relative alla nocività (e alla etichettatura)
deve risultare il meno inquinante possibile nei confronti delle emissioni in atmosfera (classe più alta possibile secondo il DM 12/7/90).
Per quanto riguarda il limite dell’1% di alcooli primari, si tratta di una precauzione che consente di evitare problemi di reticolazione delle vernici. Anche qui è un problema di quantità e sicuramente il produttore di vernici non usa tali solventi nella formulazione dei prodotti se non è assolutamente costretto. Si deve comunque diffidare di diluenti poliuretanici contenenti alcool metilico o etilico, che fanno presumere la presenza di solventi di scarsa qualità.
Un buon diluente a spruzzo sarà costituito da una miscela di solventi particolarmente adatta ad incrementare la distensione, uniformare l’affioramento di eventuali opacanti, evitare la colatura e la puntinatura: ci si deve attendere una miscela di esteri o chetoni leggeri (30/40% acetato di etile, MEK), esteri, chetoni e aromatici medi (30/40 % acetato di butile, MIBK, toluene, xileni), ed una buona presenza di esteri lenti (20/30 % metossipropilacetato, etossipropilacetato). Questi ultimi, in clima estivo, possono anche essere presenti in quantità maggiori.
Un buon diluente a velo dovrà invece procurare il maggior pot-life possibile e non avrà particolari esigenze per la distensione, pur dovendo assicurare un’ottima uniformità superficiale. Sono pertanto preferibili in prevalenza chetoni leggeri e medi (MEK e MIBK aumentano la vita utile), mentre non è indispensabile la presenta di solventi lenti. In entrambi i casi la presenza di aromatici (toluolo, xilolo) non è tecnicamente negativa. L’acetone, di per sé molto rapido e in genere facilmente idratato, non viene normalmente usato in un buon diluente per poliuretani, specie in estate.
Un diluente dovrebbe contenere prodotti nocivi nella minima quantità possibile, ed in tal senso contenere meno del 12% di aromatici, essere esente da eteri-etilglicoli, acetati, etilglicolacetato, metilglicolacetato (chiamati anche etossietilacetato e metossietilacetato), ultimamente sostituiti dai derivati propilici: metossipropilacetato (MPA) ed etossipropilacetato (EPA). Un buon diluente, correttamente formulato, deve anche rispondere il meglio possibile alle norme relative ai limiti di emissione nell’atmosfera. In questo senso non dovrebbe contenere solventi di classe II (ad esempio proprio i glicoli-eteri-acetati già citati), bensì essere quasi totalmente costituito da solventi di classe IV e V, e di classe III solo quando è indispensabile (confrontate le schede di sicurezza dei vostri fornitori per ottenere il miglior rapporto prezzo/sicurezza).
Per quanto riguarda le caratteristiche principali di un buon diluente “nitro”, sono da escludere alcoli leggeri (etilico, metilico), mentre sono accettabili alcool propilico e butilico.
Glicoli e glicoleteri devono essere presenti in percentuali inferiori al 10%. Meglio inoltre avere poco acetone, mentre è buona norma inserire metiletilchetone (MEK), isobutile acetato, butilglicole.
Nell’impiego dei diluenti per tinte la casistica è molto varia e non si può generalizzare.
Infine per le operazioni di lavaggio va bene qualsiasi prodotto, compatibilmente con i criteri di corretta igiene del lavoro, purché non vengano usati per diluire le vernici!
Per concludere è evidente che diluenti contenenti solventi recuperati da altri settori (per esempio quello farmaceutico o meccanico), ben difficilmente possono rispondere a tutte le caratteristiche fin qui elencate e in aggiunta possono contenere sostanze estranee normalmente non utilizzate dal produttore di vernici (ad esempio clorurati, che possono danneggiare pompe, guarnizioni e parti metalliche delle apparecchiature di spruzzatura).
L’impiego di diluenti di recupero a basso costo è quindi accettabile solo a seguito di un’attenta valutazione della scheda tecnica e della scheda di sicurezza del prodotto.

I diluenti “truccati”

Informazioni  tratte da “Professione Verniciatore del legno” www.woodfinishing.it e da Metal Cleaning & Finishing www.verniciatore.it

Il fenomeno è ormai diffuso in tutta Italia. Con la scusa del “supersconto”, venditori privi di scrupoli realizzano lauti guadagni sulla pelle dei “polli” che acquistano diluenti targati “nitro antinebbia” o “poliuretanici”, ma che in realtà contengono una vasta gamma di solventi più o meno pericolosi e quasi sempre di scarsa qualità.
I verniciatori più diffidenti sanno distinguere il “bidone” già dall’odore, ma anche senza arrivare all’analisi gascromatografica, si può cominciare a insospettirsi quando vengono proposti prodotti a prezzi inferiori del 20-30% rispetto a quelli di mercato. Un prodotto a basso contenuto tecnico come il diluente, il cui prezzo è già tirato all’osso, se viene venduto a prezzi nettamente al di sotto della media, nasconde la sua vera identità: si tratta infatti di diluenti di recupero provenienti da varie lavorazioni industriali (industria meccanica, farmaceutica e altre), che contengono miscele di varia natura.
Le sostanze contenute in tali diluenti (formulati non per rispondere a precisi requisiti, bensì per smaltire in modo speculativo rifiuti più o meno tossici), possono provocare inconvenienti tecnici alla verniciatura e alle apparecchiature di applicazione, mentre nei casi più gravi sono fonte di seri problemi alla salute degli operatori.
Ovviamente i bidoni di questi diluenti, o meglio questi “diluenti-bidoni”, spesso non vengono etichettati secondo le norme e non sono corredati dalla regolamentare scheda di sicurezza, che consentirebbe di identificarli con precisione e di utilizzarli solo per operazioni di lavaggio e manutenzione (nei casi in cui le norme lo consentono).
I diluenti di recupero rappresentano una risorsa importante, se vengono chiamati con il loro nome e dichiarano il loro contenuto, ma i risultati che emergono dalle analisi di campioni prelevati in varie zone d’Italia sono preoccupanti e dovrebbero mettere in serio allarme gli utilizzatori più sprovveduti, in quanto i danni per la salute possono essere gravissimi, anche se non immediati, rendendo ancora più subdola un’azione criminale che sfugge al controllo degli enti preposti, forse a causa della scarsità di risorse umane e finanziarie a loro disposizione o forse per una sottovalutazione del fenomeno.